NOI ABBIAMO IL DIRITTO DI SAPERE CHI SIAMO, ALTRIMENTI RISCHIAMO

13 Ago , 2023 - Catechesi

Noi dobbiamo sapere il più possibile ciò che riguarda la nostra vita di consacrati, altrimenti rischiamo di fare degli sbagli che distruggono il nostro essere, cioè non troviamo pace, non troviamo realizzazione piena, non riusciamo a realizzare quella necessità di Dio e renderla visibile. Quindi sarebbe un grande impoverimento che noi procuriamo in coloro che sono alla ricerca di Dio.

Perché mancano i santi? Perché noi religiosi non siamo fecondi. Una creatura umana è feconda se genera una creatura umana, noi siamo fecondi se generiamo Dio che è il perché dell’uomo e della sua esistenza: è il Tutto dell’uomo, è il Tutto del creato.

Se non siamo fecondi, siamo esseri inutili! Allora quando noi parliamo di vocazione, parliamo di Dio donato. La vocazione religiosa è la vocazione più alta, ma non perché ce la mettiamo in mente, ma perché è la stessa vita divina trinitaria ed è la vita di pienezza.

Allora rinunciare vuol dire rinunciare a tutto ciò che non è pienezza. Si vede dal nostro vivere quotidiano di chi siamo pieni. Allora la nostra vocazione è un dono carismatico che non spetta all’uomo e che la natura umana sia prima del peccato originale come dopo il peccato, non ha come esigenza vitale questo tipo di vita.
Adamo era senza peccato originale, eppure non era in pace finché non ha visto Eva. Cosa vuol dire? Vuol dire che la natura umana per quanto sia bella, grande, ecc. non può sognare la vita religiosa, la vita trinitaria, non la può sognare perché va al di là di ogni desiderio e di ogni immaginazione.

La vocazione religiosa implica in sé stessa la vocazione alla santità. Se mi viene regalata una macchina deve avere le ruote altrimenti non la posso usare. Così chi è chiamato alla vita religiosa ha tutte e riceve tutte le prerogative per viverla.
Adamo non era chiamato alla vocazione religiosa, non ce l’aveva per le sue esigenze umane sante: aveva bisogno di una creatura per vedersi pieno, realizzato.
La vocazione religiosa è invece questa fame divina che mi vien trasmessa, ma perché io la possa accogliere bisogna che abbia una capacità intellettiva possessiva realizzativa, che sono esclusivamente doti divine.


Quindi la vocazione religiosa implica un’altra vocazione che è la vocazione alla santità. Se io ho la vocazione religiosa indipendentemente dalle esperienze che io ho fatto prima di scoprirla, io sono chiamato alla santità, ma che tipo di santità? La santità vera. E qual’è? Essere con Gesù.
La santità è pienezza. Sono capace di santità? Sì. È qui che il maligno viene a scoraggiarci e ci dice che noi non siamo fatti per la santità e infatti quando parliamo di santità diciamo:”Ma quello è santo, io non lo sono!”. In che modo il maligno tenta di impedirmi di credere a questo divino mistero e questo divino dono?
I giovani devono vedere in noi la piena realizzazione. Se vedono preti e suore con il muso lungo, certo non si avvicinano non vedendo Dio in coloro che sono chiamati a rivelarlo, ma non perché è un compito da assolvere, ma perché il chiamato è così.

La brace accesa è inutile che io pensi di poterla prendere in mano, no scotta perché è brace. E così noi se siamo di Dio riveliamo Dio, non possiamo nasconderlo, no. Dov’è questo innamoramento di Dio?
I religiosi che parlano ma non sono innamorati di Dio, non dicono niente anche se predicano. Quando vai per la strada e incontri uno che è pieno di Dio non lascia indifferente, ma spesso le persone che la incontrano si convertono. Ma allora tu sei superiore? No tu sei il dono che Dio vuol fare a quell’anima in questo momento preciso. Ricordiamoci che i talenti non sono nostri.

Se Dio ti dà cinque talenti tu devi donarli, sì perché se Dio fa delle preferenze e a te no non è più amore. Dio è tutto di tutti passando attraverso di noi colui che riceve e il dono capisce che Dio lo ama e non gli fa mancare nulla.
Quindi facciamo attenzione, il nostro mistero è un grande mistero che non riusciamo a capirlo fino in fondo e per questo non riusciamo a goderlo: ciò non consiste nel fare chissà che cosa, ma consiste nel vivere donati nell’attimo presente.


In questo momento mi soffio il naso, questo è un dono di santità: non c’è nessun momento, né quando dormiamo, quando mangiamo, che non sia fecondo, niente in noi che non sia esercizio di santità, basta che lo viviamo nel dono. È la mancanza di conoscenza del mistero di Dio che ti si è donato completamente.

Ma allora qual’è l’essenza della vocazione? È quella di Dio. Il ritardare la vocazione perché ho il padre, ho la madre,… sono tutte scuse egoistiche, abbiamo perso la gioia della santità. Pensiamo a Canaan di Galilea la Madonna dice che non hanno più vino, e Gesù risponde che c’entro io. Questo è bellissimo perché Dio ti rivela chi sei e quali diritti hai. La Madonna sapeva chi è Dio e sapeva quali erano i diritti di Ancella del Signore e di Madre di Dio.


E perciò fratelli come ne avrà parlato a quei servi di Gesù! Che luce gli avrà dato perché poi dal loro comportamento ti viene da dire o sono dei pazzi oppure è successo loro qualcosa. Questi ascoltano Gesù, portano in tavola l’acqua: ma la gente te la tira dietro!
No, non c’è niente che noi siamo incapaci di fare se veramente viviamo il mistero del nostro essere. “Luce del mondo, sale della terra”: siamo degli essenziali. Ecco perché è difficile la santità: innanzitutto perché non abbiamo piena fiducia in Dio; secondo non abbiamo venerazione, non abbiamo mai adorato il mistero del nostro essere e non lo conosciamo e allora stiamo più ad ascoltare i limiti della carne che ascoltare la bellezza del nostro essere. La difficoltà è sempre dono.
Dio non potrà mai agire da solo, il Suo agire con noi è l’esatto 50% e il mio agire con Lui è l’esatto 50%. Ma non può mica fare da solo? Sì lo può, ma essendo Amore non adopera, ma eguaglia.
Allora quando noi incontriamo la croce dobbiamo pensare che stiamo realizzando un progetto divino, che scardina i nostri egoismi, i nostri comodi, i nostri piaceri, le nostre pigrizie,… e la carne di Gesù che è la nostra stessa carne nell’orto degli ulivi dice:” Padre se è possibile allontana da me questo calice”.
Già i limiti della carne sono quelli, ma però Gesù non si arrende e dice Padre ti fecondo e Tu fecondami.
Allora in che cosa consiste la santità? Consiste nel credere che Lui è innamorato di noi e consiste nel credere che io gli piaccio, sono la sua estasi. Satana invece cerca di togliermi questa certezza, o facendomi pensare che sono così miserabile che è impensabile che io arrivi alla santità, oppure esaltandomi, io sono… e cosa fai?

Doni agli altri la tua povertà creaturale come un pavone che non ha mai finito di aprire la coda. Qui i santi convertiti ci fanno un grande dono perché sono convinti e decisi nel cammino e non si vantano. Dio è innamorato del nulla ed è donando il mio nulla che io faccio fare l’esperienza a Dio della Sua infinita misericordia.
Allora nessuno è incapace di essere santo. La santità è implicata dentro la nostra vocazione, è Lui che ci fa santi se ci abbandoniamo. Michelangelo andava nelle cave a prendere i blocchi di marmo, ma questo blocco in mano ad un artista diventa un’opera d’arte. Siccome io il mio artista non lo conosco, allora mi arrabbio se sbaglio, non lo conosco e ho una falsa conoscenza di me stesso, sì vivo di menzogna.
A me piacciono tanto Pietro e Paolo. Per il primo quanti tradimenti, ma però amava Gesù e amandolo ha capito che l’amore di Dio per Lui non era stato scalfito dalle sue povertà. Paolo invece parla con orgoglio delle sofferenze sofferte per Cristo, non si vergogna.
Non dimentichiamo che una delle virtù che abbiamo è essere l’onnipotenza di Dio. E dove si realizza questa onnipotenza? Nell’autocontrollo: io sono questo e non voglio cessare di esserlo. Chi sono? Un miserabile, bene! Ma ho dei talenti e mi faccio dono. Quello che hai è perché tu devi essere sempre a disposizione donando ciò che hai ricevuto, Dio passa sempre attraverso di te.
Il mistero di quello che siamo è un mistero che non possiamo comprenderlo fino in fondo e di conseguenza non lo godiamo per quello che è e che siamo. A volte succede che incontriamo persone che non conosciamo ma che ci lasciano una certa enfasi che ci ritorna spesso, poi magari si trovano altri ma che non ti lasciano niente: questi vuol dire che sono vuoti di Dio, mentre i primi si capisce che sono gonfi di Dio.
Quindi godete, godete della vostra vocazione.
Voi poi siete in una nuova fondazione, e quindi siete il modello e l’immagine di quelli che verranno dopo, che per potersi capire e realizzare in pienezza devono essere guariti. L’Opera fa miracoli di salvezza oggi, però non deve smettere di farlo in futuro. Allora quanto sarà feconda l’Opera in futuro? Lo sarà quanto voi sarete contemplati e incarnati da quelli che vengono dopo.
Capite quindi che c’è un amore di predilezione da parte di Dio nei vostri confronti che va’ al di là di quello che si possa pensare perché voi con la vostra vita presente fate vedere la indispensabilità del donarsi di Dio oggi: ma Dio non si dona oggi per togliersi domani! Voi siete l’immagine e il modello di chi ci sarà domani, ed è di lì la nostra gioia.

Il nostro essere non verrà più cancellato, ma verrà guardato sempre.

Ci aiuti la Madonna a capire questo per essere felici, e abbiamo il diritto di esserlo, e quando siamo tristi è perché abbiamo rinunciato al diritto di essere felici e cioè di essere i perfetti chiamati.
È Dio che chiama e guai a noi se non rispondiamo. Combattere contro Dio è una sfida che ci mette K.O.!