Ritiro delle famiglie (12/09/2018)

13 Set , 2018 - Catechesi,Famiglie

QUALE SENSO HA LA VITA INTERIORE

(video)

Per vivere una vita interiore è necessario lasciarci educare dalla mentalità del Vangelo; il Vangelo non è solo apprendere qualcosa, ma educa ad un atteggiamento.

Se prendiamo in mano l’inizio del Vangelo di Giovanni, ci accorgiamo che l’incontro con Gesù non è una risposta, ma l’incontro con Gesù è l’incontro con una domanda: “Chi cercate?”, dice Gesù ai discepoli che Lo seguivano. Ecco, davanti a questa domanda inizia il nostro cammino interiore, sì, perché questa è la domanda di senso: “Che cercate”; finché noi non ci facciamo questa domanda non c’è cammino interiore. Solo quando abbiamo il coraggio di farci questa domanda, allora da lì sgorga la vera vita umana e interiore; senza questa domanda tutta la vita cristiana rimane incomprensibile.

Allora, che cosa stiamo cercando? Noi tutti cerchiamo di dare un significato alla nostra vita, anche se non lo sappiamo; tutto quello che facciamo ha bisogno di senso, anche il nostro lavoro, il nostro mangiare, il nostro divertirci, tutto ha bisogno di senso, perché questa è una domanda di senso. Sapete, ci sono dei sintomi che vanno di moda, uno di questi sintomi, oggi, sono gli attacchi di panico; il fatto è che viviamo spaventati perché non abbiamo più il controllo.

Finché noi andiamo alla ricerca di capire il perché di questi sintomi, non ci accorgiamo che dietro questi sintomi c’è qualcosa di molto più profondo, c’è una domanda soffocata che, coltivandola, ci porta a vivere con ansia, con paura la nostra esistenza.

Il punto di partenza è proprio questo: “Che cosa stiamo cercando?”. La domanda di senso ci conduce sempre verso una crisi, e noi siamo stati abituati a vedere sempre in modo negativo la crisi e ne siamo spaventati, e tutte le volte che noi entriamo in crisi, cerchiamo i modi per non affrontarle, queste crisi; tutto quello che ci fa soffrire, noi cerchiamo di cacciarlo dalla nostra vita, siamo educati a scappare davanti alla crisi. In realtà, però, non c’è nessun altro modo che ci può aiutare a rientrare in noi stessi e prendere delle decisioni; ciò che mi impressiona è quando Gesù nel Vangelo: “Viene condotto nel deserto dallo Spirito Santo perché fosse tentato”.

Allora, che impatto c’è tra lo Spirito e la tentazione, tra lo Spirito e l’incontro con satana? E poi il Vangelo ci dice che è lo Spirito che conduce Gesù nel deserto perché venisse tentato! Allora, questo passo non va sottovalutato, perché è lo Spirito che ci conduce, che conduce anche noi dentro alla crisi e vuole che noi entriamo in crisi, perché è nella crisi che noi facciamo esperienza dei nostri limiti.

Il Vangelo poi ci dice che: “Gesù dopo alcuni giorni ebbe fame”. Che cos’è la fame? È la mancanza di qualcosa: essere tentati vuol dire toccare i propri limiti, toccare le proprie domande e decidere come voler rispondere a queste domande. Nessuno di noi può crescere interiormente se non si lascia tentare, cioè, se non si lascia condurre davanti alle proprie domande, se non si lascia condurre nel cuore della crisi: per vivere la vita bisogna lasciarci interrogare, bisogna imparare dal bambino che quando riceve un giocattolo ci gioca un poco, ma si stanca, lo smonta, vuol vedere cosa c’è dentro. Le domande servono a questo, a smontare la nostra realtà e a guardarci dentro. Le nostre difficoltà derivano dal fatto che noi sì smontiamo le cose, le nostre domande, ma poi non riusciamo più a costruirle, non riusciamo più a mettere insieme i pezzi.

Allora, se da una parte io cerco di non guardarci dentro, se non mi impegno a smontare le mie fantasie, io posso ammalarmi con quella crisi. Questo capita quando ci riempiamo di domande ma non cerchiamo più le risposte, quando vediamo le nostre mancanze, ma l’unica cosa che sappiamo fare è quella di deprimerci davanti a quelle mancanze; sì, allora smontiamo le cose ma non le ricomponiamo più e non desideriamo una pienezza di vita.

La cosa più bella che insegna Cristo dentro la crisi, dentro il deserto, non è il digiuno di quaranta giorni, ma il tentare di rispondere a queste domande con risposte decisive e rivoluzionarie.

Pensiamo a Gesù, ha fame e si sente dire: “Se hai fame, trasforma queste pietre in pane” e Gesù risponde: “Non di solo pane. . . …”. Questa è la risposta di uno che si appropria di se stesso. Allora, in un mondo che ha paura della crisi si può vivere una vita patologica in cui uno vede che sempre tutto è smontabile; allora, in questo caso, il mondo ci dice che noi dobbiamo gestire i sintomi che non dobbiamo guardare più alle domande, ma devo gestire i sintomi.

Ad esempio, se io sento tristezza, angoscia, ecc…. devo trovare il modo per gestire quella tristezza, invece di prendere sul serio questa tristezza per capire se mi conduce a fare la verità; mi trovo nel labirinto dell’angoscia, anziché chiedermi: “Cosa mi sta dicendo questa angoscia, questo disagio, ecc.”, cerco sempre un modo per mettere a zittire questa angoscia, solo che succede che ho risolto i sintomi, ma non ho risolto il problema della mia vita e questo è un male oscuro che prende la persona in genere verso i quarant’anni.

Oggi, però, questo male oscuro ha preso anche gli adolescenti; abbiamo adolescenti depressi che devono assumere medicinali per poter sopravvivere alle crisi. Come è possibile che un ragazzino di 11-12 anni abbia queste crisi, come è possibile? Questo capita perché i grandi cercano di aiutarli a cancellare i sintomi, ma la malattia rimane; dobbiamo prendere sul serio i sintomi e guardarci dentro, anziché condurli dallo psicologo, dallo psicoterapeuta: se tu non curi e non prendi sul serio i sintomi, quella malattia pian piano ti porta alla morte.

Quando noi non rispondiamo alla domanda di senso che ci portiamo dentro, a un certo punto moriamo, ed è allora che avvertiamo la vita come qualcosa di mortifero; il nostro problema è quello che viviamo in una società che vuole cancellare i sintomi delle nostre crisi e quindi cancella le nostre domande e non ci permette più di farci delle domande di senso e così ci condanna a un dolore muto.

La mancata risposta alla domanda di senso non è la perdita della fede; la crisi non viene dalla mancanza di fede, ma la crisi proviene dalla mancanza di interiorità, cioè non riusciamo più a entrare dentro noi stessi, ci fermiamo ai sintomi e facciamo di tutto per gestirli.

Noi viviamo in un mondo che non ha più interiorità; l’interiorità è dare senso all’esperienza, cioè è prendere qualcosa che è fuori di noi, lo facciamo passare attraverso la nostra interiorità, e quando poi esce da noi, non esce più come prima, ma esce come qualcosa che ha assunto un significato diverso.

Quando uno non cura l’interiorità, capita di sopravvivere, cioè vivi sopra le cose, ma se vuoi vivere nel cuore della vita devi recuperare l’interiorità e questa interiorità ce l’abbiamo tutti, le domande ce le abbiamo tutti ed è questo che ci unisce.

Noi spesso viviamo di pancia, ma vivere di pancia si deve rinunciare a due cose; la prima di essere felice, perché la pancia si può solo riempire, ma non da felicità; la seconda, si deve rinunciare a essere libero, perché il luogo della libertà non è la pancia, ma il cuore.

Allora, il passaggio per essere felici è quello di recuperare il cuore; quello che fa Gesù consiste nel recuperare in noi quella parte che si è addormentata e questa parte è il cuore.

Pensiamo ai discepoli di Emmaus, non hanno detto: “Non ci ardeva il cuore quando Lui conversava con noi?”. Ecco, questa è l’interiorità; l’interiorità è la capacità di saper di nuovo usare il cuore ed è lì che si realizzano quelle due cose che sono la libertà e la felicità. Non bisogna confondere l’interiorità con la spiritualità; la spiritualità è il luogo dove noi riceviamo significato.

Allora, l’interiorità è il luogo dove io do spazio all’esperienza; la spiritualità è il luogo dove io trovo significato, cioè, io sono dentro a un fatto, a una vocazione in maniera significativa.

Allora è pericoloso confondere la spiritualità con l’interiorità; io posso avere una grande vita interiore, ma non è detto che sia una vita spirituale; io posso avere una grande capacità d’introspezione sulle cose e sulle situazioni, ma non è detto che da questa io ricevo significato; magari lo faccio solo per sentirmi importante.

Allora, può succedere che io do significato e produco significato agli altri, ma quello scartato da questo significato sono io; sono molto profondo, ma nello stesso tempo mi percepisco non utile, perché non c’è vita spirituale.

Il contributo che dà il cristianesimo è quello di ritornare al cuore; il cristianesimo ci aiuta a tornare e sentire ardere il nostro cuore, risveglia il nostro cuore e ci porta a farci delle domande grandi, domande di senso.

La fede prima di essere l’incontro con Gesù, è Gesù che ti fa una domanda: “Che cosa cerchi. Cosa vuoi, per cosa vivi, qual è il significato della tua vita”. Ecco, quando sperimenti questo, avrai anche una risposta; è solo quando ti puoi appropriare della tua sete che sgorga in maniera significativa l’acqua. Se tu non hai sete, l’acqua per te non significa niente.

Gesù è una risposta solo se tu hai una grande domanda dentro; se non hai questa domanda, per te

Gesù non significa niente.

Il cristiano non è il Messia, il cristiano è quello che fa ciò che fa il Battista, è quello che prepara la strada a Gesù, è colui che indica la meta per trovare una risposta a una domanda. Il cristiano è quello che recupera una domanda e trova una risposta, e la risposta la trova nella vita spirituale: il passaggio dall’interiorità alla vita spirituale è dato dal passaggio dei ragionamenti della nostra esperienza all’incontro concreto della persona di Gesù.

Allora, che cos’è la vita spirituale? È recuperare il cuore, è tornare in se stessi e ricevere il perdono del Padre come il figliol prodigo; è incontrare Cristo, ma questo non te lo puoi dare da solo, lo devi ricevere, è accogliere un dono, è smettere di ragionare per metterci in uno stato di accoglienza, è lasciarci incontrare da Gesù.

DOMANDE

1ª Quali sono i motivi che inquietano il tuo cuore, forse ti manca una domanda di senso?

2ª Hai scoperto quali sono i tuoi veri desideri profondi?

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S. Messa